sulla testa le striature sono più marcate nelle femmine, e anche la coda è più bordata di bianco ai lati nei maschi.
Per ciò che riguarda il lipocromo, non avviene una muta parziale pre-nuziale, come nei tristis, ma è una forte usura delle parti apicali del vessillo, a determinare la comparsa del rosso, già presente (previo alimentazione colorante)
dalla muta di fine estate.
Frequentando, scarpate, essenze spinose e pasturando quasi esclusivamente al suolo, l'usura risulta particolrmente marcata.
Strappando qualche piuma dell'alto petto, nei novelli, come negli organetti, è possibile determinare il sesso con certezza, somministrando del cartamo tritato, o altri prodotti adatti allo scopo, sarà possibile vedere le piume con presenza lipocromica, soffiando sul soggetto.
Per il colore consiglio, di somministrare a fine febbraio un pò di cartamo tritato, sementi prative allo stato lattiginoso, del polline in grani ,spirulina e un pò di carota.
Non basta l'anellino inamovibile a garantire la sua provenienza, ma ci vuone LA DOCUMENTAZIONE SEMPRE E COMUNQUE, ALTRIMENTI CONSIGLIO DI RINUNCIARE AL SOGGETTO.
L'ORGANETTO
Il mio ultimo acquisto: una coppia di Organetti ancestrali (Carduelis Flammea). A vederli sono rimasto colpito dal becco, arancione nel maschio e giallo paglierino nella femmina. L'ho presi alla Mostra di Reggio Emilia insieme alla dichiarazione di cessione. Che dolcezza!!!
L'ORGANETTO (Carduelis flammea).
Il Carduelis flammea flammea si trova in Scandinavia, Russia e repubbliche del Baltico, l'organetto minore Carduelis cabaret si trova nelle Isole Britaniche, Danimarca, Belgio, Francia del nord, Germania, Svizzera e nelle nostre Alpi, l'organetto maggiore Carduelis rostrata risiede in Groelandia, infine l'organetto d'Islanda carduelis islandica è stazionario in Islanda.
Fino a qualche tempo fa era classificato con gli Acanthis, ma recenti studi lo hanno portato insieme ai fanelli nel genere dei carduelis. Se ne conoscono quattro sottospecie, anche se recenti studi stanno cercando di fare del Cabaret, una specie a parte.
Classificazione scientifica | ||||||||||||||||||||
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Nomenclatura binomiale | ||||||||||||||||||||
Carduelis flammea Linnaeus, 1758 |
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Sottospecie | ||||||||||||||||||||
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MASCHIO: calotta, alto petto e fianchi di colore rosso, nuca, collo, lati della testa e dorso bruno scuro con disegno nerastro, gola nera, basso petto e ventre bianco, ali e coda bruno scurissimo, codione rosa con disegno bruno, becco giallastro, zampe nere. Il rosso del petto compare soltanto quando i maschi hanno 2 anni, inoltre esistono diverse sottospecie, il colore rosso varia dal rosa, al rosso scarlatto. Inoltre più i soggetti sono minuti di taglia e più il lipocromo ed il bruno del piumaggio aumentano.
FEMMINA: la femmina è del tutto simile al maschio, fatta eccezione della calotta rossa leggermente più stretta e per la completa assenza del rosso sul petto.
GIOVANI: sono simili agli adulti, ma privi del rosso sulla calotta e con disegno esteso anche al petto oltre che ai fianchi ed al dorso.
L'Organetto ha un areale vasto che riguarda il nord Asia, America settentrionale ed Europa. Abita le foreste di conifere e di betulle. L'altitudine a cui vive si abbassa quanto più ci si sposta verso il nord e va dai 2000 ai 200 metri. La sua alimentazione è composta di semi ed insetti che si procura sia al suolo, che sulle alte erbe prative, che nei cespugli.
Il flammea si riproduce a primavera avanzata (maggio-giugno) e cioè quando nelle zone fredde del nord la neve è ormai sciolta. Questo Organetto, come molti altri Fringillidi, predilige il dente di leone. Appetisce anche i semi delle graminacee, le bacche selvatiche e le larve degli insetti. Erbe prative, centocchio, mordigallina, borsa di pasone, piantaggine, ecc... Il nido viene composto a forma di coppa sulla biforcazione di un ramo, nel fitto di un cespuglio, o su una conifera di media altezza. La struttura è piuttosto rozza e costituita di erba secca e piccole radici, l'interno viene foderato con crini di lanuggini di animali. Dalle 4 uova azzurrine, dopo 12 giorni di incubazione nascono i piccoli che, alimentate con larve ed afidi, dopo 2 settimane lasciano il nido e dopo altrettanto tempo si svezzano.
Una volta posizionati i nidi, si fornisce materiale per la costruzione degli stessi come juta, cocco, fili di pelo di animale, muschio. Le uova, anche in cattività, sono generalmente 5 o 6, di colore azzurro macchiettate di bruno, che vengono sostituite come avviene con i Canarini. A deposizione avvenuta bisogna fare moltissima attenzione al maschio se troppo irruento dividilo dalla femmina, la quale alleverà senza problemi i piccoli.
Solitamente se si rimette il maschio quando i novelli hanno 10-12 giorni, non si avranno più problemi.
I piccoli usciranno dal nido verso il 15° 17° giorno a 20 - 22 giorni li vedrai indaffarati nel tentare di alimentarsi da soli (almeno ci provano) e saranno indipendenti a circa 26 - 28 giorni, consiglio però di lascarli vicino ai genitori per altri 10 15 giorni (basta che vengono dividi con la grata in metà gabbia) perchè soffrono molto il precoce allontanamento da loro. A circa 40 giorni utilizzo del colorante rosso nel pastoncino. Per riconoscere i maschi (che solo al secondo anno porta il colore rosso sul petto). A circa 70 giorni dalla nascita, gli Organetti iniziano la muta del piumaggio che dura circa 3 settimane. Data la rapidità della muta l'Organetto a differenza di molti altri indigeni, non necessita di particolari cure. Per favorire la massima espressione del lipocromo, è necessario fornire agli Organetti i coloranti artificiali, a meno che non si abbia la possibilità di fornire alimenti che ne contengano in abbondanza.(Ma di questo ne parlerò più avanti). Esistono in commercio anche coloranti idrosolubili "Cantaxantina idrosolubile". A muta ultimata, si scelgono i soggetti dividendoli in gabbie di 60 cm circa. Bisogna rinnovare in modo particolare l’igiene della gabbia e degli accessori, l’acqua per il bagno giornalmente. Alla coppia viene fornito un nido interno da 8 cm, il quale viene infrascato con dei rami finti di pino, in modo che la femmina in cova si senta protetta. La femmina cova per 12 giorni, a deposizione avvenuta è possibile utilizzare il maschio con altre femmine poichè il maschio non aiuta se non in rari casi la femmina all'imbecco dei piccoli, anzi se molto focoso sarà pericoloso per le uova. Al termine dello svezzamento i novelli saranno posti nelle loro gabbie dove a circa 60 giorni dalla nascita inizia la muta del piumaggio ed in questo periodo verranno somministrate delle sostanze coloranti nel pastoncino con delle verdure quali, radicchio, cicoria, ortica, carote ecc. Come già citato sopra i soggetti alla prima muta presenteranno la solo calottina rossa sul capo, quindi si procederà a togliere qualche piuma dal petto; ai soggetti maschi le piume ricresceranno di colore rosso mentre la femmine di colore rosaceo. L’organetto è un uccello che in cattività perde facilmente il rosso. Negli uccelli che vivono in libertà, la intensità dei colori, e la brillantezza del piumaggio, sono il loro prfetto stato di salute, il cibo in buona parte è responsabile i colori. in cattività ne manca l'esperienza dell'allevatore, gli uccelli perdono i colori, a causa di carenze alimentari, ad ambienti interni con poca luce. L'Organetto tenuto in gabbia, come già citato perde solitamente nella prima muta, il colore del petto e della fronte. A mio avviso si può procedere a questo inconveniente somministrando la Carofill unita al pastoncino (vedi pastoncino alimentazione e allevamento del Canarino) durante la muta. Voglio precisare che questo uccello, come il Fanello e il Crociere, non utilizza come colorante il betacarotene quindi è inutile dare la carota.
IL CARDELLINO
Cardellini in natura..................................
Tantissime volte la domanda che ci si sente porre più spesso è la seguente: meglio la gabbia o la voliera? Cercherò di chiarire questa domanda a mio modesto avviso. Sicuramente la voliera presenta molti rischi, quindi stres dei nostri amici, (vedi articolo Ciuffolotti) e poi bisogna considerare che come ho detto in altri miei scritti non tutti possono disporre dello spazio necessario. Inoltre la gabbia in qualche modo consente all’allevatore un’interazione maggiore con gli uccelli, rendendo questi ultimi più confidenti e quindi più gratificanti per chi li alleva. In ogni caso bisogna tenere presente che il Cardellino ha bisogno di un proprio spazio, perché trattasi di uccelli caratterizzati da un senso della territorialità. Io consiglio di fare mutare i novelli in gabbie singole. Così dovremmo ottenni animali tranquilli ed in ottima salute, che superarono nella quasi totalità la muta senza problemi. Un altro punto che occorre tenere presente è che, per quanto i Cardellini sopportino abbastanza bene le basse temperature, umidità elevata 70% e correnti d’aria espongono la sua salute a rischi. Anche l’ubicazione dell’allevamento avrà, dunque, una notevole importanza.
ALIMENTAZIONE
In merito a questo, ogni allevatore ha le sue strategie e le case produttrici letteralmente rivaleggiano nell’offerta di miscele e singoli semi dagli effetti perlomeno a loro dire miracolosi. Sono spiacente di disattendere le speranze dei neofiti, ma per quanto mi riguarda, non credo che esista la miscela perfetta o il seme “della salute”. Allora in natura i nostri “amici” si nutrono di preferenza sulle composite, effettuando delle variazioni stagionali per adattarsi all’offerta in natura. Sulla base di questo semplice ragionamento apparirebbe evidente come l’offerta di una miscela sempre uguale per tutto l’anno non rappresenti la soluzione ottimale. Io attualmente quello che vi posso consigliare e l'alimentare così composta: Erba prativa, scagliola, perilla, girasole piccolo, lino della varietà gialla (durante la muta). Tutti ovviamente di ottima qualità e germinabili al 100%.
Al pari dei semi di cui si alimentano i nostri uccelli anche l’acqua svolge un ruolo importantissimo. Il problema principale dell’acqua del rubinetto consiste nel suo contenuto di cloro, che può in alcuni casi ridurre l’attività di alcuni farmaci e di sicuro non giova alla salute. Per eliminare questo inconveniente basterà far evaporare il cloro in essa contenuto, imbottigliandola e lasciandola senza tappo per alcune ore, dopodichè potrà essere somministrata senza problemi. Quando intendiamo somministrare delle medicine oppure un qualsiasi integratore, sarebbe buona abitudine togliere tutti i beverini la sera prima in modo che al mattino, appena rendiamo disponibile l’acqua “addizionata” gli uccelli siano assetati.
Benchè non proprio semplicissima, la riproduzione del cardellino in gabbia oggi risulta assai più agevole che negli anni passati. I progressi dell’industria mangimistica, unitamente alla maggiore disponibilità sul mercato di soggetti allevati in cattività, hanno reso senza dubbio molto meno arduo il lavoro degli allevatori. Personalmente non mi stancherò mai di insistere sulla necessità di utilizzare esclusivamente soggetti regolarmente inanellati e provenienti da allevamenti gestiti in modo corretto. Mi rendo conto che, specie in alcune regioni d’Italia, sia ancora molto più semplice ( ed economico!) procurarsi dei cardellini di cattura, ma in questo modo nella maggior parte dei casi i nostri tentativi di allevamento saranno destinati all’insuccesso. I soggetti prelevati in natura tendono ad ammalarsi con estrema facilità, mancando degli anticorpi e della resistenza ad alcune patologie che caratterizzano, invece, quegli animali che sono stati allevati dall’uomo per generazioni. Anche la prole eventualmente ottenuta da tali soggetti risulterà fortemente penalizzata sotto questo profilo.Per chi decide di cimentarsi nell’allevamento del cardellino, il mio consiglio è quello di iniziare con poche coppie di soggetti ancestrali, essendo i mutati più delicati (oltre che assai meno economici). L’ideale sarebbe acquistare i soggetti prima della muta, in modo che possano abituarsi all’ambiente in cui dovranno vivere. Qualora questo non sia possibile raccomando vivamente di rendere il cambio di ambiente quanto meno traumatico possibile per i nostri amici.Allo scopo sarà bene che la fase di acclimatamento avvenga in modo graduale. Evitare bruschi cambiamenti di alimentazione. Cercare di alloggiare i soggetti nel modo quanto più simile possibile a quello cui erano abituati, ma soprattutto fare in modo che vengano stressati il minimo indispensabile. Ove possibile consiglio di separare i maschi dalle femmine e di alloggiare i soggetti in gabbie singole, in modo da poterli “monitorare” uno ad uno.Personalmente uso tenere i singoli animali separati fino alla stagione delle cove. La formazione delle coppie in epoca precoce comporta il vantaggio di consentire un affiatamento graduale dei soggetti, ma favorisce anche l’instaurazione di un legame di coppia con cui dovremo fare i conti qualora decidessimo di cambiare il programma di accoppiamenti.Tenendo i maschi separati sarà nostra facoltà decidere di accoppiarli con la prima femmina che entrerà in estro, oppure di modificare le coppie in seguito a decessi o nuovi acquisti.Con l’arrivo della primavera il canto forte e ripetuto dei maschi e l’irrequietezza delle femmine indicheranno che è tempo di formare le coppie. Un elemento significativo della volontà di nidificare da parte della femmina è costituito dal sistematico sfilacciamento dei fili di iuta che vengono letteralmente “cardati” fino a renderli simili alla stoppa.Solitamente bisognerebbe porre prima il maschio nella gabbia che s’intende usare per la riproduzione. In questo modo avrà la sensazione di aver attirato la femmina nel suo territorio, come accadrebbe in natura. Solo dopo qualche giorno mettereemo la femmina nella stessa gabbia divisa in due dalla griglia di separazione. Trascorso qualche giorno potremo provare a rimuovere la griglia lasciando la coppia con l’itera gabbia a disposizione. Contestualmente provvederemo anche ad “infrascare” un angolo della gabbia con piante di plastica o con dei rami di conifere, ottimi i rami degli alberi di Natale artificiali. Questo espediente garantisce alla coppia prima, ed alla femmina successivamente un minimo di privacy. Ovviamente nel caso di femmine particolarmente ansiose sarà possibile estendere la schermatura ad una superficie ancora maggiore. Al riparo dell’infrascatura verrà posto il portando. E’opportuno che i due vadano tenuti d’occhio, specie durante i primi giorni, allo scopo di assicurarsi che tutto proceda per il meglio. Un maschio troppo focoso potrebbe aggredire la femmina e costringerla in un angolo del gabbione, impedendole persino di nutrirsi e bere agevolmente. Qualche volta, invece potrebbe essere la cardellina a non gradire il compagno, rifiutandosi ostinatamente di accoppiarsi con lui. Qualora intendessimo accoppiare quei determinati soggetti sarà bene porre nuovamente il divisorio, nella speranza che qualche altro giorno di separazione dia modo ai soggetti di abituarsi l’uno all’altro.Trattandosi di uccelli molto competitivi e con uno spiccato senso della territorialità qualche piccolo litigio non deve preoccupare. Persino le coppie più affiatate non ne sono del tutto immuni, specie quando si somministrano alimenti particolarmente graditi. Tuttavia se le liti dovessero perdurare degenerando in zuffe violente, sarà bene considerare la possibilità di cambiare i componenti della coppia. Nella maggior parte dei casi per fortuna, complice la spinta ormonale, maschio e femmina non tarderanno ad intendersi. Come per tutte le specie animali esistono tuttavia delle differenze tra individuo ed individuo; alcuni maschi tendono ad essere assai focosi ed aggressivi, mentre altri si rivelano particolarmente versati nelle sottili arti del corteggiamento, altri ancora sembrano del tutto indifferenti alla compagna salvo fecondare tutte le uova che questa deporrà. Generalmente sono i maschi più tranquilli a rivelarsi i genitori migliori, alimentando la femmina durante la cova ed i piccoli successivamente. In ogni caso conviene separare il maschio durante la cova e provare a riunirlo alla femmina solo quando i piccoli avranno raggiunto i 6-7 giorni d’età, per verificare le sue attitudini alle cure parentali. Un maschio che collabori attivamente all’allevamento della prole costituisce un duplice vantaggio: evita un superlavoro alla femmina e rende possibile una seconda nidificazione in tempi più brevi, dal momento che dall’involo dei novelli sarà quasi esclusivamente lui ad occuparsene. I giovani cardellini hanno uno sviluppo abbastanza rapido, ed abbandonano il nido verso i 15 giorni per rendersi indipendenti intorno al venticinquesimo giorno d’età. Separati dai genitori andranno immessi in una gabbia sufficientemente spaziosa, avendo cura di non mischiare tra loro soggetti di covate diverse, allo scopo di evitare liti e competizioni tra animali di età differenti. A causa del loro istinto che li porta ad esplorare tutto ciò che si trova a portata di…becco, non di rado i novelli tendono a spiumarsi tra loro. Questo inconveniente può essere evitato mettendo a disposizione degli sfilacci di juta oppure delle spighe di panico, che distoglieranno quasi sempre i soggetti da questa molesta attività. Molto utili risultano anche le verdure ( foglie di cicoria e dente di leone).
La costruzione di una voliera interna è anche un buon metodo per allevare e riprodurre i cardellini, però si deve calcolare che le misure ideali sono le seguenti, altezza 2mt, profondità 1,50mt , frontale da 80/100cm. Ogni voliera può ospitare una coppia. Premesso che ogni Regione di residenza ha la sua normativa, cmq in linea di massima, l'autorizzazione all'allevamento a scopo ornamentale per le specie autoctone (cardellino, verzellino, lucherino, verdone etc etc) viene rilasciata a domanda dalla ripartizione Faunistica Provinciale , una volta avuta la concessione si può avviare l'allevamento. Mentre se acquistate uccelli ai solo fini detentivi, sempre appartenenti alla fauna autoctona, regolarmente anellati , non possono essere riprodotti per nessun motivo previa confisca e denuncia penale. Chi acquista, deve trasmettere alla ripartizione faunistica Prov e alla regione , copia del foglio di cessione rilasciato dal venditore.
Tutt'altra cosa se intenti allevare Mayor mutati o ancestrali, nn necessita di autorizzazione ne per la sola detenzione ne per la riproduzione, si è solo obbligati ad avere la relativa documentazione di provenienza. In linea di massima, l'alimentazione che bisogna usare "di base".
In inverno, quindi in fase di riposo, l'alimentazione è molto molto spartana, non povera eccessivamente ma, considerando che in natura, in questo periodo trovano il minimo indispensabile, quantomeno devono seguire una dieta "leggera" da questo punto di vista.
Con l'aumentare delle ore di luce, si vanno ad integrare via via quelle componenti alimentari che aiutano e stimolano i soggetti al "cambiamento" che ci sarà, come l'estro, riproduzione e prole.
Quindi, cambieranno le percentuali proteiche, e "le calorie" visto che automaticamente, il loro fabbisogno giornaliero, subirà un'impennata di tutto rilievo. Bisogna iniziare anche la fornitura di sementi prative. A tal proposito, la prerogativa per chi decide di seguire questa rotazione è scindere completamente due tipi di allevamento: Esterno e interno.
Il primo, ha come vantaggio(parlando solo di piano alimentare) il fatto di "stimolare" naturalmente i soggetti, quindi il cambio di alimentazione, è un fattore prettamente sinergico per il raggiungimento della forma ideale.
Nel secondo caso, il vantaggio è quello di poter calcolare su carta, quindi impostare un'alimentazione più precisa, perchè non saranno influenzate soprattutto da fattori atmosferici.
Le percentuali alimentari utilizzate, non possono essere racchiuse in un post, perchè sappiamo tutti che in ogni allevamento, si verificano situazioni davvero uniche.
Sicuramente, per quanto riguarda l’alimentazione “a riposo” vado controcorrente, perché, i soggetti, da quando ho iniziato a tenerli a stecchetto, si sono comportati egregiamente durante il periodo degli amori.
Credo che sentano di più il cambiamento e, soprattutto, non arrivano grassi e spesso “appesantiti” se non peggio, intossicati...
Ci tengo a precisare che, il termine “stecchetto” per animali d’allevamento, non vuol dire non mangiare, o mangiare male, vuol dire eseguire una dieta più precisa e “pesata” più tosto che una dieta “abbondate” e iperproteica come nel regime estrale.
Non finirò mai di ditre che il periodo di muta, è un’ ulteriore periodo stressante, oltretutto dopo la riproduzione e le cure dei piccoli, quindi dobbiamo, per ovvie ragioni, farlo rientrare in quel periodo con un fabbisogno alimentare ipercalorico. Al nord Italia, chiaramente le stagioni invernali si presentano più fredde, quindi, allevando all’esterno, l’alimentazione è un parametro d’aiuto per cercare di far svernare con più facilità i soggetti, ma sono convinto che spesso si esagera questa è una mia convinzione, quindi, in suddetto periodo, spesso vengono ugualmente sovralimentati.
Per quanto riguarda la somministrazione dell’alimentazione “a libera scelta”, purtroppo, anche se potrebbe sembrare bellissimo, dal punto di vista gestionale dovremmo solo preoccuparci di riempire continuamente le mangiatoie, riferendoci sempre ad animali d’allevamento, non saranno in grado di autogestirsi una dieta equilibrata e si ciberanno come fanno i bambini con le caramelle al posto di un frutto, di semi a loro molto appetiti, scartando completamente tutti gli altri, arrivando anche al punto di non mangiare altri semi, all’infuori di “quelli buoni”…al palato. Le conseguenze sono scontate.
L'alimentazione PERFETTA........... Se parliamo di migliorarci, di migliorare il nostro stile d'allevamento, garantito al 100% che la prima cosa a cui puntiamo è cercare di trovare l'alimentazione perfetta.
Nel tempo, dopo prove e riprove, ho capito che in base ai soggetti che ho allevato la migliore risulta sempre quella semplice, ma allo stesso tempo di qualità. Certo detto così, sembra facile, ma poi, è davvero impossibile trovare la giusta alimentazione? Io quello che posso dire, per quel che mi riguarda che l'alimentazione giusta è quella che ti tiene i soggetti in salute. Sta nel trovare "le dosi" giuste che in un certo senso è il fulcro del tread e qui è "la nostra esperienza" non quella dei soggetti a essere vincente.
Ma figurarsi se l'agguerrito allevatore, dopo mesi e mesi di paziente attesa, può arrendersi proprio adesso. Così ad inizio maggio si può separare il cardellino dalla compagna e metterlo in una gabbietta da solo,dove canterà come un ossesso tutto il giorno: però si dovrà metterlo nelle adiacenze della gabbia della femmina, cosicché possa vederla.
Consiglio di aspettare febbraio/marzo, perchè altrimenti anche se fanno le uova adesso con molta probabilità non sono feconde, e così vale anche se la femmina è alla sua prima cova.
Sarebbe una buona cosa farli svernare insieme nella stessa gabbia in modo che si abituino.
Verso febbraio si inizi a mettere il nido e il materiale per costruirlo, si vendono nei negozi di animali delle palline di spago e cotone che servono alla canarina per "imbottire il nido".
Mentre la femmina prepara il nido bisogna separa il maschio (se troppo aggitato) con la griglia divisoria e lasciali qualche giorno separati. Quando vedete che la femmina ha finito il nido togliete la griglia e godetevi l'accoppiamento.
Dopo una settimana dall accoppiamento la femmina depporrà le sue uova, certi dicono di toglierle e sostituirle con uova finte fino a che la femmina depone l'ultimo uovo e poi rimetti quelle vere nel nido in modo che i piccoli escano dall uovo tutti lo stesso giorno. Altri dicono che possono stare tranquillamente nel nido e non serve sostituirle.
Intanto date alla femmina del pastoncino in una vaschetta. Dopo 5/6 giorni dalla deposizione dell ultimo uovo, si può controllare con una lucetta led se le uova sono feconde o no.
Dopo più o meno 16/17 giorni usciranno i piccoli, a questo punto bisogna controllare che il maschio non sia geloso e non li becchi. Per capire i sintomi di quando bisogna mettere il nido nella gabbia, si deve sentire cantare il cardellino molto spesso,oppure basta guardare il suo becco, in questo periodo, la punta dei becchi dei cardellini sono nere, e lo può anche costatare dal nostro cardellino. Non appena si entra in primavera, questa punta di nero, andrà sempre a diminuire, e non appena sarà scomparsa del tutto, significa che il cardellino è prontissimo ad accoppiarsi.
Se le uova sono fecondate, consiglio di metterle nel nido, e calcola che si schidono dopo 14-15 giorni dalla covata, i piccoli usciranno dal nido verso i 18 giorni dalla schiusa delle uova, e si svezzeranno intorno ai 30-35 giorni di vita.
Quando i piccoli usciranno dal nido, la coppia farà una seconda covata, quindi bisogna mettere un secondo nido nella gabbia.
Durante l'alimentazione oltre ai semi e al pastone, si può aggiungere frutta e verdura. Per 3-4 giorni alla settimana, e anche un complesso polivitaminico, per fare stare al meglio i piccoli e i genitori